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Restituiamo il sorriso alle giovani
del Bangladesh
"L'impegno degli italiani per le donne del Bangladesh
sfigurate dall'acido solforico: Un volto per la vita"

In Bangladesh le donne che rifiutano i loro corteggiatori, o
le mogli che non portano una cospicua dote al marito, rischiano di
venire ustionate dall'acido lanciato da quegli uomini che pretendono
amore in cambio dell'odio. Un grande movimento di solidarietà per
sottoporre a operazioni di chirurgia plastico-ricostruttiva le donne
che hanno subìto questa barbara violenza.

di Alfredo Mariani

Una incredibile tragedia

Gioventù bruciata. Non è soltanto il titolo del celebre film con James Dean, ma una attuale e triste realtà che riguarda moltissime donne in uno dei paesi più popolati
del mondo: il Bangladesh. La prima denuncia che abbia raccolto un diffuso interesse si è avuta poco meno di tre anni fa, grazie alle parole della giornalista Renata Pisu ed alle immagini del fotografo Ugo Panella, pubblicate su 'D. La Repubblica delle donne', l'allegato del quotidiano La Repubblica.
Si è trattato di un servizio straordinario e commovente per la sua intensità, che ha scatenato una serie di pronte risposte di solidarietà. A quell'articolo ne sono seguiti altri, sia da parte degli stessi autori che di altri giornalisti, e nel volgere di poco tempo le energie di persone volenterose si sono prontamente attivate per alleviare le sofferenze delle ragazze bruciate dall'acido.
Sì, perché proprio di questo si tratta: in Bangladesh, così come in altri paesi asiatici, milioni di donne vivono con il terrore di un atroce ricatto: se rifiutano il corteggiamento dei loro pretendenti, o se già sposate non portano al marito la dote che questi si aspettava, rischiano di subire la vigliacca vendetta degli uomini respinti, che consiste sempre più frequentemente in una bottiglia di acido solforico, quello usato nelle batterie delle automobili, lanciata sul volto.
Renata Pisu e Ugo Panella hanno raccolto e documentato decine e decine di storie simili, di esistenze di giovanissime donne che hanno visto in un attimo la propria vita trasformata in un tunnel di dolore. Dolore fisico, quello dell'acido, che durerà per sempre: l'azione corrosiva colpisce gli occhi, il naso, la gola. Impedisce la masticazione e la respirazione, rende cieche e sorde. Le lesioni dell'acido scatenano infezioni spesso letali, e sempre danno origine a gravi patologie croniche.
Ma anche il dolore morale di queste tragedie non è da meno, e forse è addirittura quello più pesante: in una società ancora arcaica, nella quale l'unico ruolo sociale ammesso per una donna è quello di moglie e di madre, il volto deturpato dall'azione dell'acido solforico impedirà per sempre a queste giovanissime donne di vivere una vita normale, di sposarsi, formare una famiglia, avere dei figli. Saranno per sempre condannate alla solitudine, reiette in un limbo di crudeltà accompagnate solo dalla loro sofferenza. Derise, costrette a coprirsi, a nascondersi, a non vivere, molte di loro si sono tolte la vita.


Fotografia di Ugo Panella

Dalla tragedia ad una nuova vita

"Di Nolita non pubblichiamo nessuna immagine. Non si può reggere la semplice
vista del suo volto. Solo se parla si capisce che è un essere umano, e le foto sono mute…" Queste sono le parole che Renata Pisu ha usato per descrivere la tragedia
di una persona che ha perso le sue sembianze, trasformandosi in qualcosa di non definibile, non descrivibile, non fotografabile, a causa dell'odio di chi pretendeva amore. In un contesto socioculturale nel quale la donna è considerata una merce
di scarso valore, alcune di queste ragazze hanno saputo reagire, e non nascondendo più la loro condizione stanno tracciando una nuova strada di esempio e di civiltà
per le loro sorelle di dolore.
I loro volti deturpati rappresentano la denuncia più forte verso i loro aguzzini. Accettando di parlare, di raccontarsi, di far partecipi della loro tragedia i due giornalisti italiani, sono riuscite a darsi una possibilità, ad intravedere la luce del possibile ritorno all'esistenza. Come dicevamo prima, difatti, molte persone si sono generosamente mobilitate per restituire un futuro a queste ragazze. Tra le prime a scendere in campo c'è stata l'associazione di volontariato COOPI, nata nel 1961 e già artefice di importanti progetti a favore delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. La sensibilità e l'efficienza di Ennio Miccoli, di Marco Pedrazzi, di Silvana Scandone e di tanti altri volontari ha permesso la rapida messa a punto di uno specifico programma di interventi. E' stata immediatamente organizzata una prima missione, alla quale hanno partecipato psicologi ed esperti logistici, per aprire la strada alla seconda missione specificatamente medica. Preziosa è stata l'opera della psicologa Alessandra Ferri e dell'equipe composta dalla Prof.ssa Angela Faga, titolare della Cattedra di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell'Università dell'Insubria di Varese, dal Prof. Daniele Scevola, infettivologo docente presso l'Università di Parma, e dall'anestesista Dott. Marzio Mezzetti della clinica "Mater Domini" di Castellanza. Sappiamo che anche altre iniziative a favore delle ragazze bengalesi sono state attivate da altre organizzazioni o associazioni, e tra queste abbiamo notizia dell'opera dell'equipe del Prof. Paolo Morselli, coordinatore di Interplast Italy.

Gli aiuti e la solidarietà dei volontari italiani

La COOPI ha da tempo attivato alcuni importanti progetti per portare un concreto aiuto a queste donne devastate nel corpo e nella mente dalla violenza perpetrata nei loro confronti. I responsabili di questa organizzazione di solidarietà ci fanno sapere che sta per essere completata la costruzione di un padiglione ospedaliero dedicato interamente ai pazienti ustionati. Sono già funzionanti ed operativi gli ambulatori per la rieducazione fisioterapica, pre e post-operatoria, e la relativa formazione di personale locale. Sono in svolgimento da tempo programmi informativi ed educativi di prevenzione nelle scuole e nei gruppi femminili, così come è attivo sia il sostegno psicologico alle donne ferite dall'acido ed alle loro famiglie che la contemporanea formazione di assistenti sociali locali. Per rispondere alle esigenze immediate, vale
a dire il soccorso alle donne che versano in condizioni più gravi, vengono eseguiti interventi di chirurgia plastica con medici e sanitari specialisti italiani, indispensabili per recuperare il danno estetico ma ancor più per prevenire lo sviluppo di pericolose infezioni e per salvaguardare e restituire, laddove possibile, l'uso di alcune funzioni fondamentali compromesse.
Sempre nell'ambito delle attività di aiuto immediato si stanno organizzando corsi
di formazione sul primo soccorso agli ustionati per il personale sanitario locale. Naturalmente queste attività didattiche apportano il beneficio dell'aumento del livello delle competenze e delle conoscenze degli operatori sanitari locali, che ha positive ricadute su altri tipi di patologie e che migliora globalmente l'offerta dei servizi sanitari nelle località nelle quali vengono effettuati i corsi di formazione.
Tra le finalità a medio e lungo termine spiccano l'istituzione di un corso di specializzazione per chirurghi plastici locali ed una serie di attività volte a reinserire le donne che hanno subìto le lesioni nel tessuto sociale ed economico locale.
Questo è un aspetto molto importante dell'intervento della COOPI: i volontari di questa associazione ci tengono a sottolineare come i loro interventi avvengano sempre nell'ambito di progetti integrati di sviluppo, che non potrebbero avere successo se trattassero solo di una delle tante dimensioni dei problemi o delle emergenze dei quali si occupano. In questo caso i loro sforzi, una volta superata l'urgenza dell'intervento medico ed aver salvato la vita della paziente, sono appunto finalizzati a promuovere il pieno reinserimento di queste donne nella loro società,
ed aiutarle a riacquistare quella autonomia e quella dignità che i loro attentatori hanno tentato di distruggere.
Bina, Janah, Nur, Nolita, Beauty, Nurnar, Muslina, Shelina: grazie alla campagna di informazione e di solidarietà avviata da "La Repubblica" e dalla COOPI i nomi e le vicende di alcune delle tante sfortunate donne bengalesi sono stati conosciuti in Italia attraverso le interviste che hanno rilasciato, e altre tra loro sono già state
ospiti del nostro Paese. Una ricca famiglia italiana, che ha voluto mantenere l'anonimato, ha ospitato per un mese in una sontuosa villa dieci di queste ragazze, pagando i biglietti aerei e tutte le visite mediche: questa volta l'obiettivo fotografico di Ugo Panella ha colto sorrisi invece che smorfie di dolore, sguardi felici invece che disperazione. E tanti altri nostri connazionali hanno offerto, in forme e modi diversi ma sempre mossi da autentici sentimenti di solidarietà, importanti aiuti per questa causa.

Come possiamo aiutare le donne del Bangladesh?

Il nostro sito web ha dedicato questo spazio alla descrizione della tragedia delle donne bengalesi proprio perché consapevole delle qualità morali dei suoi lettori,
che non si sono mai tirati indietro di fronte a richieste di concreta solidarietà. Ma soprattutto perché naturalmente sappiamo che tutte le persone che leggono e che contribuiscono attraverso i loro articoli, suggerimenti e proposte a fare di questo
sito e della rivista Wellness Design un importante punto di riferimento culturale, rappresentano un pubblico che sicuramente sarà interessato a partecipare a questa gara di solidarietà. L'aiuto più immediato può essere quello economico, ed anche le piccole offerte risultano utilissime: la fase della stretta emergenza economica è stata superata, ma naturalmente i fondi a disposizione sono sempre scarsi rispetto a tutte le cose da fare. Ma la COOPI è anche e soprattutto pronta ad accogliere ogni idea che possa provenire da tutti i professionisti del nostro settore: dall'impegno individuale o dalla disponibilità a partecipare in prima persona alle loro iniziative fino ad interventi di sponsorizzazione da parte di istituti o aziende, da studi professionali e dalle palestre, dalle società sportive e dai singoli atleti. L'invito è pertanto
quello di contattarli per discutere con loro di ogni proposta e per conoscere meglio tutti i loro progetti di cooperazione internazionale.
La pagina web della Coopi con tutte le informazioni sul progetto "Un volto per la vita"
è questa:

http://www.coopi.org/it/bangladesh.asp


Che cosa è la Coopi

Coopi è la sigla di Cooperazione Internazionale, che nasce all'inizio degli
anni Sessanta in un contesto italiano che vede il diffondersi di un nuovo
valore: la solidarietà tra i popoli.
Oggi è, per dimensioni e finanziamenti amministrati, una delle maggiori Organizzazioni non governative italiane.
Coopi realizza progetti nei diversi settori:
sanitario, agricolo, zootecnico, produttivo, formazione e organizzazione del
lavoro, e persegue obiettivi di sviluppo autonomo operando in un contesto di pluralismo ideologico, senza aderenze partitiche né vincoli confessionali.
Da alcuni anni è impegnata in modo significativo in interventi di emergenza e ricostruzione nelle aree colpite da conflitti bellici e da calamità naturali.
In oltre 30 anni di attività, Coopi ha operato in gran parte dei paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, con interventi che provengono dalle precise richieste delle comunità interessate, e che vengono svolti in stretta
collaborazione con i partner locali. Attualmente è attiva in circa 40 nazioni.
L'impegno di Coopi in Italia si concretizza con programmi di prima assistenza
e di inserimento sociale e lavorativo per cittadini extracomunitari, e con la formazione di personale italiano destinato a svolgere attività di volontariato e cooperazione nei paesi in via di sviluppo.
Molti gruppi di volontari aiutano la Coopi a realizzare i progetti di aiuto e di sviluppo. Se vuoi unirti a loro con la tua opera
o con un aiuto economico, o se vuoi ulteriori informazioni, ecco come contattarli:


Indirizzo:
COOPI Cooperazione Internazionale Via De Lemene, 50 - 20151 Milano
Tel. 02/3085057 Fax 02/33403570 Numero Verde 800-11 77 55
E-mail: coopi@coopi.org
Sito Internet: www.coopi.org
Per i contributi in denaro a favore delle donne del Bangladesh è
possibile utilizzare il seguente conto corrente:
C/C postale 902205 intestato a COOPI Un volto per la vita

Oppure il conto corrente bancario:
C/C bancario 10.000 presso Credito Italiano
Ag. 36 Milano ABI 2008 CAB 1636

E' possibile acquistare libri e gadgets i cui ricavati verranno devoluti
al progetto "Un volto per la vita". Qui le informazioni:
http://www.coopi.org/it/bangladeshgadgets.asp

Oppure al numero verde

Altri contributi o donazioni:
Banca Etica
C/C bancario n°102369 Abi 05018 cab 12100
C/c postale: 990200

 

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